L’Autore, dopo un’esperienza professionale, prima tentando di fare il commercialista e poi il responsabile commerciale di una primaria azienda nel Collio, rientra in famiglia e trasforma in ristorante di alta qualità la Trattoria da Germano, il nome del padre, a Percoto, a sud di Udine. Nel 1973 si era laureato in economia con la tesi “L’importanza del sommelier nella educazione enologica del consumatore”, nata da una idea sbocciata all’interno del gruppo dirigente dell’Ais (Associazione italiana sommeliers nel cui CDA nazionale era entrato a far parte nel 1971). Per cui, nella trattoria di famiglia, dove allora si vendevano solo i vini di Germano, entravano in carta molti dei cru più importanti del mondo di allora. Consigliamo il lettore di andarla a sfogliare e così scoprirà che, in 43 anni, la differenza tra i prezzi dei grandi vini italiani e quelli francesi, ma anche tedeschi, è addirittura aumentata, a parte pochissime eccezioni:
Il Tocai di Mario Schiopetto, allora ai vertici dei bianchi italiani, era in carta a 2.000 lire, mentre il suo vino più caro, il Muller Thurgau, costava 2.500 Lire. C’era pure un bianco italiano che fece epoca, il Gavi dei Gavi di Soldati, a 5.000 Lire, il più caro tra gli italiani. Andiamo in Francia: i vini dell’Alsazia a 4.550 lire. Dalla Borgogna: il Batard Montrachet 1971 di Delagrange costava 20.000 Lire e il Montrachet 1971 di Lagiuche 25.000.
Tra i rossi: tra i Baroli, il più caro – a 6.000 Lire – era quello di G. Mascarello. In Toscana il Brunello Barbi Colombini 1968 era a 10.000 Lire, il Sassicaia 1971 a 7.000 e il Tignanello 1971 a 6.000 lire.
Francia: Cambertin Tollot-Beaut 1971 25.000 Lire, come il Chambolle Musigy Les Amoreuses, mentre il Musigny 1972 era a 40.000 e il La Tache a 35.000. Tra gli Chateau del Bordolese, Lafite-Rotschild 1973 a 30.000, Mouton 1973 a 30.000, mentre Chateau Petrus 1973 costa 60.000 Lire. Tra i dolci, l’Yquem 1966 valeva 50.000 lire, mentre Verduzzo di Ramandolo 3.000.
Oggi? I bianchi Alsace vanno, in ristorante, tra i 30 e 50 euro, mentre i bianchi Alsace 1 cru 80-120 euro e i Gewurtraminer vendange tardive 100-150 euro. Batard Montrachet tra i 400 e i 600 euro, mentre il Montrachet Comte Laguiche 600-1000 euro. Chambertin Trapet 350-500 euro. Chambolle Musigny 1.000-1.500 euro e il Musigny 1.500-2.500 euro. La Tache da 5.000 a 6.000 euro. I bordolesi: Chateau Lafite e Mouton Rotschild tra i 500 e 1.000 euro, mentre Petrus può arrivare a 2000 euro e Yquem a 700 euro.
Il fatto è che, dopo oltre 40 anni, la forbice si è ulteriormente allargata a vantaggio dei francesi, in particolare in raffronto ai vini di Borgogna.
2
Friuli come Borgogna
di Walter Filiputti
Chi scrive pubblicò un articolo su “Il Vino”, rivista allora trimestrale fondata da Mario Casamassima e Isi Benini e diretta da quest’ultimo, che titolò “Friuli come Borgogna”. Era il n. 3 del settembre 1976. La copertina, di Piero Cattaruzzi, ritraeva degli agricoltori intenti a raccogliere il fieno sotto le mura di Venzone, massacrate dal terremoto (6 maggio 1976). Ne diamo una sintesi (all’epoca l’Autore aveva già fatto dei corsi presso la scuola enologica di Beaune con i professori Max Leglise e Jean Siegrist, oltre ad una vastissima frequentazione delle cantine borgognone, assieme al suo amico di sempre, Angelo Solci):
“…Ma io voglio parlarti non tanto e solo dei vini a mio avviso inarrivabili, ma della mentalità, del modo di fare ed essere “vigneron” a fronte del nostro Friuli: è sempre stato un mio accostamento silenzioso nel timore di trovarmi fuori luogo. No: è possibile fare del Friuli la Borgogna dei vini bianchi d’Italia: i mezzi ci sono, ma a certe condizioni… Qui ogni anno si stabilisce la media del raccolto sì da decidere, previo controllo in pianta, se il massimo della produzione debba essere aumentato o diminuito in base all’annata. Se non s’arriva all’ottenimento del certificato d’agrement? declassamento. Una disciplina voluta dai proprietaires, non dai négociants: questa è la forza di Borgogna. Nel 1974 hanno istituito la degustazione alla proprietà che impose che il raccolto di ogni produttore di vini a denominazione d’origine fosse eseguita dall’Istituto nazionale delle Appellazioni d’origine… In Borgogna il vignaiolo è “il signor vignerons” e dispone della stessa posizione socio-economica del professionista, del dirigente, dell’operaio altamente specializzato… Sul supporto di una legge che permette loro di difendere la proprietà e di ottenere risultati economici per cui valga la pena restare alla terra. Qui sta il punto: “Nous faison, ici, de la bijuterie” m’ha detto il cantiniere di Comte de Vogüé di fronte a una bottiglia di Musigny che aveva fatto gridare all’impossibile… Esatto: loro fanno della bijouterie e la vendono come tale. E noi? Come potremmo con la legge che ci ritroviamo? Anzitutto le rese/ettaro: lo Chambertin, come tanti altri grandi cru, non vanno oltre i trenta ettolitri ettaro con circa 10.000 viti/ettaro… Ancora: i prezzi: in Borgogna non si tratta: tutti lo stesso prezzo, certo: dipende dal cru, sul quale non di discute. La bijouterie si difende solo con l’esclusiva… Serve una volontà condivisa. L’elevazione si ottiene solo su di un piano generale. Si cerchi , dico io, una più profonda forma di collaborazione comune, a tutti i livelli, che porti, in primis, a sfruttare ciò che i malandati disciplinari possono offrire: primo fra tutti l’uso delle denominazioni locali. Vivaddio: possibile che non ci si possa metter a tavola e stabilire, massime per la collina:
1. Denominazioni comunali (i comuni sono pochi: 8 in Collio e 17 nei Colli orientali).
2. All’interno di ogni comune proporre una ricerca catastale per assegnare i nomi alle varie zone, così gettare le basi dei cru. In Barolo lo hanno già fatto. Sono stati i vini dei grandi cru a trainare qualitativamente anche i più modesti. Sono state le manifestazioni che si tengono ancora, puntualmente, al Clos-Vougeot, a “relazionare” i vini di Borgogna. Benedetti friulani: molti i nostri pregi… Ma possediamo un limite enorme: il personalismo, l’individualismo, il voler fare da soli, la mancanza di ogni forma di collaborazione”. Sì, quanto letto è stato scritto nel 1976. Sono passati 43 anni. Invano!
condividi