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Pietro Casonato

Mi sono chiesto: se lo faceva il nonno, perché non posso farlo pure io?

Una piccola azienda avicola

Pietro Casonato, che ha la sua piccola azienda avicola a Beano di Codroipo, l’ha chiamata, in maniera simpatica, Il Rapace di Beano. Ha fatto il cuoco per 8 anni, periodo che gli ha permesso di approfondire l’importanza, i percorsi e il valore del cibo. Nel 2020, dopo aver deciso di abbandonare quel lavoro in quanto comportava per lui uno stress eccessivo, pensa di dedicarsi completamente all’allevamento, esattamente alla produzione di uova di alta qualità prodotte in maniera sostenibile che, come afferma, “va oltre al bio”. Cita suo nonno Ugo Ostenti, che gli hanno raccontato facesse chilometri in bicicletta per andare a barattare le sue uova con beni di prima necessità, fondamentali al sostentamento della famiglia. “Mi sono chiesto: se lo faceva il nonno, perché non posso farlo pure io? Tutti sappiamo che l’industria ha svilito non solo la qualità, ma anche l’immagine e il prezzo di questo importante alimento; deve solo costare poco (come è accaduto al latte, N.d.A.), mentre il cosiddetto benessere animale viene valutato solo in funzione del business, quasi sempre a discapito della gallina. Ed è così che sono arrivato ad una sorta di concetto etico per rispettare i miei animali, che desidero vivano in condizioni ottimali, curandone sia il luogo dove pascolano sia l’alimentazione. Inoltre ho ridotto al minimo indispensabile, e comunque solo sul singolo animale che ne necessiti, l’utilizzo di antibiotici e medicine varie (nell’ultimo anno non le ho mai usate). Ho anche pensato che sul mercato c’erano degli spazi dove inserirmi con un prodotto ricercato e di elevata salubrità, oltre che molto buono. A Londra avevo potuto constatare come questi valori fossero assai radicati alla stessa stregua della scelta di carni come quelle di Kobe o di Limousine, dove il prezzo non è la prima componente, mentre lo sono qualità attesa e percepita. Perché, mi sono chiesto, in Francia le uova delle galline Marans sono vendute a 3 euro l’una, al posto di venti centesimi o meno ancora dell’Italia?  Ho così scelto, anche grazie alle Associazioni avicole (AFA e FIAV) cui mi sono iscritto, cinque razze: la Livornese, dalle uova color bianco; l’Araucana (proviene dal Cile le cui uova sono celesti); la Marans, francese (dalle uova cioccolato scuro); la Cemani, originaria dell’isola di Giava (uova avorio); la Isa Brown (nata da selezioni con le uova marroncino chiaro). 

Il mio allevamento è composto da meno di 250 capi, di cui 120 in produzione e le restanti in crescita. Le mie galline possono vivere 8-9 anni, però solo nei primi 2-3 anni danno dei buoni risultati. Le allevo in un ambiente naturale aperto, dove loro entrano ed escono dal pollaio a piacimento. La più produttiva è la Livornese. Metto molta cura nell’alimentazione, con mangimi selezionati biologici. Per rafforzare le loro difese immunitarie mi sono rivolto a Carlo Santarossa dell’azienda Saliet per avere oli essenziali, come ad esempio quello di timo (uno dei più potenti antibiotici in natura), per curare eventuali problemi alle vie respiratorie. Basta versare nelle vaschette dove vanno a bere qualche goccia di questo olio essenziale che, restando a galla, permette alle galline sia di berne una parte sia di respirarlo. Un altro prodotto che uso è l’olio di Neem (deriva da una pianta denominata Azadirachta Indica, originaria dell’India e della Birmania) che serve contro i pidocchi. Qualche goccia sulla schiena dell’animale e se ne vanno. Questi sono alcuni accorgimenti che mi hanno permesso di avere un’ottima clientela che ha compreso come si possono spendere due euro per un uovo che dia benessere e piacere di gustarlo”.

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