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Associazione produttori della Cipolla di Cavasso e della Val Cosa

Superare i campanilismi, creando fiducia tra i produttori

Un'associazione che unisce due aree e diversi obbiettivi

Scelta molto oculata e interessante quella di dar vita ad un’associazione che riunisse le due piccole aree delle cipolle citate. Talmente valida che potrebbe essere declinato per altre situazioni simili che riguardano, in particolare, le produzioni agricole di nicchia.

L’obbiettivo parte dalle difficoltà di creare un’azienda che poi sappia stare sul mercato e di fare quelle necessarie azioni di comunicazione, valorizzazione e marketing, unica strada per dare ai produttori una indispensabile stabilità economica nel tempo.

Per farlo si debbono superare i campanilismi, creando fiducia tra i produttori. Incominciando da un piccolo gruppo di persone di buona volontà che vogliono impegnarsi assieme per dare redditività al loro prodotto tradizionale, qui la cipolla rossa di Cavasso e della Val Cosa.

È ciò che ha fatto Christian Siega, assieme ad altri undici agricoltori, fondando l’associazione nel 2019, con tanto di partita Iva. Hanno quindi affittato un terreno di 3000 m² sul quale, nella primavera del 2021, hanno messo a dimora 30.000 piantine. Andranno sul mercato verso fine agosto con circa 30 quintali di cipolle. Quando scriviamo (siamo a fine maggio 2021), sono state già delineate le prime azioni:   

  • Queste cipolle usciranno sotto un’unica etichetta dove non ci saranno i nomi dei produttori, ma solo la scritta “Associazione di produttori di cipolla di Cavasso e della Val cosa” Presidio Slow Food.
  • Saranno così superate le gelosie che hanno generato la impasse che dura da troppo tempo e che ha bloccato lo sviluppo di questo prodotto. Basti sapere che tale situazione si è talmente incancrenita da non pensare a produrre in proprio le piantine da ripiantare, che invece arrivano da una azienda vivaistica della Carnia (con tutto il rispetto per l’azienda). Assurdo!
  • I produttori che ne fanno parte provengono da ambo i siti (Cavasso e Val Cosa) e non sono “menti corrotte dalle invidie”, come dice, in maniera colorita, Christian. Inoltre vivono di agricoltura e non di secondi lavori.
  • Si è deciso di riservare alla buona ristorazione la prima scelta in confezioni da 5 chili e quindi non in treccia (assai scomoda per i cuochi). L’Associazione ha ben compreso il valore strategico della buona ristorazione e degli chef di alto livello. Oltre che a pagare la merce, essi diventano – gratis et amore dei – dei formidabili testimoni capaci di diffondere il prodotto ad alto livello e di valorizzarlo attraverso le loro interpretazioni in cucina.
  • In treccia sarà venduta solo ai negozi come esposizione ad un prezzo ben superiore alle confezioni da 5 chili o sfusa. Anche perché solo il 20% della produzione è adatta ad essere così confezionata. Va anche detto che la prima selezione arriva al 50% del raccolto. Il resto, pur se qualitativamente identica, ha dei difetti di forma e quindi deve essere trasformata (salse, agrodolce, ecc.).
  • La volontà è di entrare anche nella Gdo, potendo garantire una certa quantità in quanto pure essa, come l’alta ristorazione, è una formidabile divulgatrice del prodotto, ma per poterlo fare è necessario rispettare certe regole che l’Associazione può assolvere
  • Si dovrà anche affrontare, e seriamente, il tema della ricerca per salvaguardare e migliorare l’ecotipo della Cipolla di Cavasso e della Val Cosa, aspetto tutt’altro che marginale se si vuole porre in evidenza la sua unicità. 
  • Va anche comunicato costantemente che l’area di produzione è molto particolare, ovvero sulle colline soleggiate che coronano l’Alta pianura del Friuli occidentale, della Pedemontana pordenonese fino ai piedi delle Prealpi.

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