A fil di tiere è il nome dell’azienda agricola di Gregorio Lenarduzzi (Classe 1976 e laurea in scienza della produzione animale). Siamo a Lestans, qualche chilometro a nord di Spilimbergo, in comune di Sequals. Una realtà economica sorta negli sfavillanti anni ’80, che vede impegnate due generazioni, nata per allevare il coniglio bianco della Val Cosa, “che non è una razza particolare, ma una provocazione alle denominazioni troppo locali”.
All’originario allevamento del coniglio, iniziato dal padre, Gregorio ha affiancato la produzione della cipolla della Val Cosa, che fa parte dei presidi Slow Food, oltre ad altre specialità, come vedremo: “Tutta la nostra produzione”, esordisce Gregorio, “non è volutamente certificata biologica, pur essendola, perché partendo da solide tradizioni l’azienda vuole creare un filo tra produttore e consumatore basato sulla fiducia e sul rapporto vero”.
È assai preoccupato per la situazione in cui versano le piccole aziende agricole: “Ben presto – e parliamo dell’allevamento di conigli a regime industriale – i miei entusiasmi si sono stemperati di fronte ad una realtà che mi obbligava a diventare sempre più grande per avere un prezzo sempre più basso. Una scelta che non dava senso alla mia vita. Così ho detto basta! Le riflessioni mi hanno portato a riscoprire il valore del tempo. Sono così passato da conigli che vendevo dopo meno di 80 giorni a quelli con almeno 120 giorni di vita, un percorso che vorrei implementare. Curando qualità, alimentazione, benessere animale. Le regole del mercato attuale, però, si fanno sempre più impervie per le piccole aziende, che faticano a competere con i colossi della grande distribuzione. La verità è che le piccole aziende agricole non stanno in piedi economicamente. Non producono reddito sufficiente, per cui molte avranno vita breve. Oddio, in questa crisi pure noi ci abbiamo messo del nostro, a partire dall’atavica mancanza di collaborazione. Se solo pensiamo che in un angolo di territorio abbiamo due tipi di cipolla e tre associazioni, è detto tutto. È in questa fase che ho capito che bisogna giocare su altri campi con altre regole. Siamo di fronte ad una sorta di mutazione genetica del ruolo dell’agricoltore e del territorio.
Poco tempo fa ho conosciuto una coppia di giovani sposini che stanno programmando il loro futuro in campo agricolo. Desiderano vivere quassù, in campagna, coltivando cipolla e verdure. Mi sono posto queste domande: come potranno mandare i figli a scuola e avere una vita dignitosa, soltanto con l’agricoltura? Allo stato delle cose mi pare improbabile. Salvo che non si cambi l’approccio: cipolla e ortaggi dovranno essere usati per portare la gente sul territorio in cui lavorare, tutti assieme, per incrementare quel prezioso turismo sostenibile che, per fortuna, è in costante crescita. Servirà organizzarsi di conseguenza, andando a contattare quella parte di mercato che questo vuole. Per cui cipolle e verdure non sono il fine, ma il mezzo per poi approdare a un nuovo modus operandi che prevede accoglienza, gentilezza, capacità di intrattenere gli ospiti facendo sistema con le aziende vicine. Di più: essere fautori della bellezza, essere sicuri del fascino del proprio territorio, raccontarlo e per farlo va conosciuto a fondo. E bisogna crederci.
Da parte mia è una strada che sto affrontando, motivo per il quale mi sono dotato sia del macello, sia del laboratorio ad uso anche conto terzi, che mi permette di creare nuovi prodotti e di entrare in contatto con le forze più fresche e stimolanti dell’agricoltura.
Inoltre è fondamentale tenere in mano la parte commerciale, ragione per la quale ho aperto lo spaccio. Mi sono pure organizzato per la vendita diretta a ristoranti e negozi. Il laboratorio mi ha impegnato molto, sia sotto l’aspetto economico sia della ricerca continua, grazie anche ad una proficua collaborazione con l’Università di Udine. Tant’è che ho acquistato un’autoclave che mi ha permesso di preparare i ragù di carne e i pesti non acidificati. Sempre per dare un senso a ciò che faccio”.
Con risultati eccellenti, grazie agli assaggi che abbiamo potuto fare. Ed ecco, allora, lo sciroppo di sambuco e le composte dolci a base di frutta di stagione (di limoni e fiori di sambuco, fragole e rabarbaro, mele e fiori di zafferano), le composte agrodolci da abbinare ai formaggi (peperoni e quella piccante di melone con il pepe rosa). Quindi le interpretazioni della cipolla: in agrodolce, in composta con Ramandolo e l’uvetta di Corinto, arancia e vaniglia, ma pure i sali aromatizzati ai sapori della Val Cosa. E poi ancora ciliegie sottaceto, zucchine friulane in agrodolce, zucca e zenzero, passata di pomodoro, pesto di cavolo broccolo friulano, asparagi in agrodolce. Non manca la farina di mais ricavata dal pignoletto della Val Cosa, che fa parte dei mais antichi ad impollinazione libera, per accompagnare, sottoforma di polenta, il coniglio, prodotto storico dell’azienda, venduto sia intero sia in rotolo con ripieno a piacere. “Siccome la cucina è un atto d’amore ma anche di scoperta, ho inventato e brevettato i cunicici, la risposta friulana ai cevapcici, sono salsiccette di coniglio aromatizzate deliziosi per una grigliata leggera e stuzzicante”.
Produci il tuo cibo e conosci chi lo fa per te. Cambiare il mondo partendo dalla tua tavola! Dal tuo cibo.